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Il bambino con autismo a scuola: sfide e opportunità




Che cos’è l’autismo?


Il termine “autismo” dal greco autòs (se stesso) compare per la prima volta nella trattazioni di Eugen Bleuler, per descrivere un particolare sintomo della patologia schizofrenica caratterizzato dalla tendenza alla polarizzazione sul mondo interno. Nel DMS 5 l’autismo è stato tuttavia inquadrato secondo un nuovo orientamento diagnostico che oltre a sostituire l’espressione “Disturbi pervasivi (o generalizzati) dello sviluppo” con il termine “Disturbi dello spettro dell’autismo”, elimina anche la presenza dei differenti sottotipi della patologia o forme di autismo: sindrome di Asperger, disturbo pervasivo non altrimenti specificato, disturbo disintegrativo, sindrome di Rett (grave patologia neurologica di origine genetica, ora inserita nei disturbi genetici).

L’autismo è oggi considerato un disturbo del neurosviluppo contraddistinto da alcune peculiarità: innanzitutto, i soggetti con questo disturbo hanno difficoltà in diversi ambiti, dalla comunicazione all’interazione sociale, oltre a stereotipie nel comportamento e ad interessi ristretti. Inoltre, presentano deficit nella comunicazione verbale e non verbale. L’esordio di questo disturbo è intorno ai tre anni di vita. Le cause dell’autismo sono ancora sconosciute, perciò la descrizione del disturbo può essere fatta soltanto a livello comportamentale. Le aree prevalentemente interessate da questo disturbo sono:

  • l’interazione sociale reciproca;

  • l’abilità di comunicare idee e sentimenti;

  • la capacità di stabilire relazioni con gli altri


L’autismo viene spesso definito in Letteratura come un disturbo neurologico-comportamentale, ovvero come un disturbo che incide negativamente sullo sviluppo cerebrale, generando anomalie nella sua evoluzione. Altri studi condotti attraverso la risonanza magnetica nucleare hanno avuto lo scopo di investigare alterazioni nell’anatomia cerebrale. Questa tecnica è stata quella maggiormente privilegiata nella ricerca di settore. Altri tipi di tecniche utilizzate sono state la tomografia assiale computerizzata (TAC) la risonanza magnetica (RM), studi neuroimaging, tomografia ad emissioni di protoni (PET) ecc.. Un ampio numero di ricerche condotte attraverso alcune di queste tecniche hanno rilevato tre tipi di alterazioni nel tronco cerebrale e nel cervelletto, nel sistema limbico, di cui fanno parte l’amigdala e il cervelletto, e nella corteccia. Per quanto riguarda il tronco cerebrale e il cervelletto, studi anatomici hanno evidenziato una rilevante assenza di nuclei nella prima regione (ad esempio i nuclei motori facciali e dell’oliva superiore) con relativa diminuzione di densità cellulare.

I soggetti con disturbo dello spettro autistico presentano infine un deficit nella teoria della mente (ToM), che consiste nella capacità di inferire gli stati mentali, le opinioni, le credenze e le emozioni degli altri (Baron-Cohen, 1999).




L’autismo nel contesto scolastico


La cooperazione fra strutture e persone che si prendono cura del bambino è molto importante. È fondamentale un contatto fra equipe e mondo scolastico del bambino, per favorire la collaborazione e la comunicazione con le insegnanti, così da garantire un ambiente volto all’apprendimento strutturato. Spesso il bambino con autismo viene seguito da diversi specialisti tra cui il Neuropsichiatra infantile, lo psicologo, l’educatore, terapista della neuropsicomotricità dell’età evolutiva (oggi TNPEE), il logopedista ecc... Il percorso di valutazione è infatti un percorso articolato che deve stabilire il profilo comportamentale dal punto di vista cognitivo (capacità di comprensione), comunicativo (linguaggio), sociale (capacità di relazione), ed emotivo del bambino che possa permettere la definizione del progetto terapeutico abilitativo.

Il Neuropsichiatra infantile stila la Diagnosi Funzionale, un documento che attesta che il minore si trova in uno stato di handicap fisico o psichico, in base alla Legge 104 del 1992 (Legge quadro in materia di disabilità). Solitamente, dopo una valutazione neuropsichiatrica, viene prevista la figura dell’assistente educatore scolastico per i bambini con autismo. Questa figura ha il delicato compito di favorire una continuità con il processo didattico e inoltre di garantire al bambino un supporto all’autonomia personale. L’articolo 13 della Legge 104 del 1992 prevede che l’assistente educatore svolga le seguenti mansioni:

  • supporto agli insegnanti, per facilitare l’integrazione comunicativa dell’alunno

  • assistenza in mensa

  • assistenza agli spostamenti dell’alunno

  • supporto alle attività per la cura dell’igiene personale

  • supporto alla partecipazione dell’alunno nelle attività scolastiche

  • aiuto nell’organizzazione dei viaggi d’istruzione

  • promozione di iniziative di integrazione


È importante che con i bambini autistici l’educatore anticipi sempre azioni, eventi ecc., e che riproduca a scuola situazioni di vita ordinaria. A scuola è opportuno strutturare l’ambiente fisico e soprattutto il tempo. Occorre parlare in modo chiaro e semplice e soprattutto, supportare la comunicazione attraverso il canale visivo, creando mappe concettuali e usando strisce visive di numeri o di lettere. Spesso attraverso la modalità visiva viene stimolata la comunicazione sia verbale che non verbale. Occorre inoltre aiutare il bambino ad orientare l’attenzione agli stimoli. Il bambino con autismo necessita di strutturazione, che non è sinonimo di rigidità, ma deve essere flessibile, ovvero costruita in funzione dei bisogni del bambino. È importante inoltre strutturare il materiale di lavoro, e cercare di tenere il banco il più possibile ordinato, per evitare che il bambino si infastidisca a causa della confusione e che quindi si distragga. Questi bambini, a causa dei deficit delle competenze relazionali, hanno bisogno di strumenti adeguati per interagire con gli altri, pertanto è importante: insegnare a salutare appena entra in classe compagni e insegnanti; pretendere che attiri l’attenzione degli altri prima di parlargli, toccandoli o chiamandoli: in questo caso, occorre che l’assistente educatore faccia da mediatore, insegnando al bambino a non essere troppo invasivi nei confronti dell’altro;

  • Insegnare a chiedere aiuto quando ha bisogno con l’ausili di immagini se necessario;

  • Stimolare l’autonomia;

  • Promuovere e sostenere la conversazione con i compagni, organizzando giochi e attività insieme;

  • Incoraggiare a condividere le proprie cose con gli altri.

  • Utilizzare l’analisi Funzionale per individuare i gli elementi che favoriscono la messa in atto del comportamento problema;

  • Rispettare i suoi tempi ed evitare e troppi cambiamenti nella routine soprattutto se bruschi;

  • Strutturare la sua giornata in modo chiaro e prevedibile, pianificando in anticipo le attività da svolgere.

  • Rivolgersi a lui in modo calmo e chiaro Creare ordine intorno a lui e nei suoi materiali in modo che impari autonomamente a prendere le sue cose;

  • Insegnargli a riferire il suo stato emotivo anche con l’ausili di immagini;

  • Promuovere la strategia di imitazione dei pari per ottenere i comportamenti adeguati e desiderati;

  • Scrittura di “Storie Sociali”: sono storie ricche di immagini che descrivono una situazione sociale in forma semplice, aiuta il bambino a comprendere cosa la gente fa e perchè lo fa;

  • Favorire la reiterazione e la stabilizzazione di un comportamento positivo tramite programmi di rinforzo (token economy).


Nell’ inserimento a scuola di un bambino con disturbi dello spettro autistico bisogna seguire un percorso orientato verso: l’individuazione, la personalizzazione degli apprendimenti e l’inclusione del bambino nel contesto classe. Per fare questo è necessario lavorare su 2 obiettivi fondamentali: creare un contesto inclusivo e creare un percorso didattico facilitato. Per quanto riguarda il primo, è importante che il bambino faccia le stesse cose che fanno anche i compagni, e che stia in classe il maggior tempo possibile, evitando di lavorare individualmente con lui, ma farlo solo se strettamente necessario (es. per ridurre un comportamento-problema). Per creare un percorso didattico facilitato, invece, è necessario: presentare il lavoro da fare con materiali più motivanti (giochi didattici, programmi di videoscrittura); utilizzare metodi di insegnamento alternativi, anche mediati da pari; suddividere il compito in sequenze semplici.

I bambini con disturbo autistico rappresentano una risorsa per la classe, poiché i compagni di classe imparano fin da piccoli ad essere sensibili nei confronti delle persone con disabilità. Avere a che fare con ciò che è diverso da noi stimola l’empatia, la cooperazione, l’aiuto verso il più debole. Per i bambini autistici vivere in relazione con i compagni normodotati è un’occasione per comprendere meglio le regole del mondo a volte così illogiche per un soggetto autistico. Per esempio il lavoro in piccolo gruppo a scuola aiuta il bambino a capire le regole sociali quali la turnazione ecc…





Terapia ABA: interventi cognitivo-comportamentali sull’autismo


Il metodo ABA, acronimo inglese di Applied Behavioral Analysis, è il ramo applicativo dell’analisi del comportamento, la scienza che si occupa di studiare la relazione tra il comportamento e gli eventi che lo influenzano. Questa tecnica si è dimostrata particolarmente efficace in campo applicativo su bambini con disturbo autistico. In particolare, alcuni studi e ricerche hanno dimostrato l’efficacia del metodo ABA nel ridurre i comportamenti disfunzionali, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita e le relazioni con gli altri. Il metodo ABA prevede tre fasi generali:

la prima fase si basa sull’osservazione del comportamento del bambino autistico. Successivamente, vengono analizzate le relazioni comportamentali del bambino autistico e delle persone che lo circondano.

Infine, solo quando è chiaro cosa determina l’azione e reazione, il professionista inizierà a mettere in atto esercizi specifici per la modificazione del comportamento. Per essere efficace, il metodo ABA deve tenere conto delle esigenze del bambino e deve iniziare a quattro anni di età, procedendo poi con continuità. Il metodo ABA è applicabile con la collaborazione tra figure professionali specializzate, tra cui il logopedista, lo psicologo e gli insegnanti e figure non professionali (genitori, famiglia, amici).

All’interno delle scuole, per esempio, l’insegnante di sostegno e l’insegnante delle materie disciplinari, vengono appoggiati da un professionista ABA. Fuori dalla scuola, invece, lo psicologo ABA collabora con i genitori e familiari del bambino autistico.

I luoghi in cui il metodo viene messo in pratica, al fine di insegnare la tecnica agli insegnanti e ai genitori per aiutare il bambino ad integrarsi nell’ambiente scolastico, familiare e sociale, sono quindi:

  1. la scuola (School based),

  2. la casa (Clinic/home based)

  3. la famiglia (Parents managed).


Il metodo ABA, richiede del tempo. La procedura di applicazione del metodo è infatti graduale.

Il comportamento viene analizzato in base agli stimoli esterni ricevuti e alle conseguenze. Da questi si attivano i meccanismi di rinforzo, estinzione, controllo degli stimoli e generalizzazione. Il rinforzo è definito come ogni conseguenza del comportamento che rafforza il comportamento stesso, cioè aumenta la frequenza e la probabilità della sua comparsa. Può essere negativo (evitare un potenziale stimolo avversivo) o positivo (ottenere attenzione o avere accesso ad una determinata attività). Quando il rinforzo non viene più applicato e il comportamento si riduce avviene l’estinzione. Il controllo degli stimoli, invece, si verifica quando il comportamento che è stato rinforzato si manifesta solo in presenza dello stimolo.

La generalizzazione permette, invece, di trasferire quanto appreso in un contesto anche in una varietà di contesti e ambienti diversi. Il metodo ABA prevede quattro procedure principali, che sono così strutturate:

il Chaining, che è una procedura utilizzata per insegnare le sequenze comportamentali che per un bambino autistico sarebbero impossibili da imparare in una volta sola.

Lo Shaping, che è una procedura che prevede il rinforzamento sistematico delle risposte, che siano approssimazioni successive sempre più simili al comportamento meta.

Il Fading, che consiste nel ridurre gradualmente e poi eliminare gli aiuti utilizzati, a mano a mano che il bambino mostra di non averne più bisogno, al fine di garantire l’acquisizione del comportamento meta e l’autonomia della risposta. Il Prompting, invece, consiste nella presentazione di un indizio o un aiuto in modo da ottenere un comportamento che altrimenti non verrebbe messo in atto, in quanto non ancora presente nel repertorio comportamentale del bambino.

Il mondo scientifico evidenzia che i migliori risultati ottenibili da un programma educativo e di supporto basato sul metodo ABA si riscontrano quando il programma è applicato ai bambini in età precoce (dai 3/4 anni circa), con un lavoro di 30/40 ore a settimana, per un minimo di 2 anni ed inizialmente all’interno di un rapporto individuale con l’operatore.


Concludendo, l’autismo è ancora oggi un disturbo molto complesso e difficile da diagnosticare, ma è opportuno individuare precocemente i segnali che possono portare a riconoscere il disturbo. In questo modo si può lavorare sui bisogni del bambino e attivare le risorse più utili. Nell’ambito scolastico è importante che ci sia uno scambio tra la rete di diversi professionisti, che coinvolga psicologi, assistenti educatori, insegnanti e genitori. Inoltre, sostenere il bambino con difficoltà significa non dimenticare mai che ha bisogno di “ essere aiutato a fare da solo”. L’obiettivo ultimo deve essere quello di renderlo indipendente, e questo è possibile utilizzando differenti aiuti (vebali, gestuali, fisici) che vanno progressivamente ridotti (definite tecnica dell’aiuto e tecnica dell’attenuazione dell’aiuto). L’obiettivo principale di una scuola che sia davvero inclusiva è l’integrazione di tutti i bambini, ognuno con le diverse abilità.




Autrice

Dott.ssa Ilaria Capitanio

Psicologa









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